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Il bar del Drago Verde

Memoria del pianto inconsolabile delle vedove dei caduti nella Prima Guerra Mondiale, all’inizio si chiamavano 𝑣𝑒𝑑𝑜𝑣𝑒𝑙𝑙𝑒 per quel lacrimare continuo dell’acqua.

I milanesi invece le hanno sempre chiamate 𝑖𝑙 𝐵𝑎𝑟 𝑑𝑒𝑙 𝐷𝑟𝑎𝑔𝑜 𝑉𝑒𝑟𝑑𝑒 per via dell’acqua gratuita che esce dal rubinetto a testa di drago dal quale non si beve da sotto ma da sopra, tappandone col dito la bocca.

Dal 1931 disegnano il paesaggio urbano meneghino e offrono ristoro a chiunque abbia bisogno di rinfrescarsi o bere un po’ d’acqua, animali compresi che bevono dal basamento semicircolare. A Milano sono quasi 700.

Il flusso continuo dell’acqua garantisce freschezza ed un sistema di canalizzazioni sotto la città ne assicura il riutilizzo per l’irrigazione dei campi dell’hinterland. Tanto che le vedovelle sono regolarmente escluse dalle ordinanze del Comune per combattere l’emergenza idrica del capoluogo lombardo.

Leggenda vuole che la più antica sia quella di Piazza della Scala. Certamente è l’unica realizzata in ottone dorato e non in ghisa. Disegnata dall’architetto Luca Beltrami (quello del restauro del castello Sforzesco a fine ‘800), ha la bocca di drago che riprende uno dei doccioni del Duomo, gli scoli laterali d’acqua piovana dalle figure mostruose.

f138098a1ca6a2ff16ed55a432ecb8b6[La vedovella in ottone dorato in Piazza della Scala]

Questo patrimonio presente da quasi un secolo a Milano, in verità è realizzato nella vicina Castellanza. In quelle 𝑭𝒐𝒏𝒅𝒆𝒓𝒊𝒆 𝑳𝒂𝒎𝒑𝒆𝒓𝒕𝒊 che videro la luce nel 1908 con Alfredo, fondatore e fonditore dei primi pezzi in ghisa per il nascente distretto legnanese delle macchine utensili. Seguirà il figlio che firmerà l’idea originaria delle fontanelle nel 1931 (la stessa senza modifiche ancora oggi), quindi il nipote che svolterà verso l’edilizia scansando la crisi degli anni ’70 che travolgerà le altre fonderie del territorio. Fino a suo figlio Andrea che l’anno scorso ha portato alla ribalta del grande pubblico l’azienda di famiglia vestendo i panni di un personaggio misterioso del programma “I soliti ignoti”, la trasmissione di Rai1 condotta da Amaedus.

che4[Andrea Lamperti]

Ma la produzione delle vedovelle in quel di Castellanza è finita 30 anni fa. Fusioni e lavorazioni (su disegno originale Lamperti) si fanno oramai all’estero per via dei costi e della ridotta domanda del monocliente. A Castellanza si controlla, monta, vernicia e consegna, mentre i prodotti che tengono in piedi la Lamperti sono altri da tempo.

Ha detto Leon C. Megginson: “𝙉𝙤𝙣 𝙚̀ 𝙞𝙡 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙛𝙤𝙧𝙩𝙚 𝙤 𝙞𝙡 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞𝙜𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙤𝙥𝙧𝙖𝙫𝙫𝙞𝙫𝙚, 𝙢𝙖 𝙘𝙝𝙞 𝙧𝙞𝙚𝙨𝙘𝙚 𝙖 𝙜𝙚𝙨𝙩𝙞𝙧𝙚 𝙢𝙚𝙜𝙡𝙞𝙤 𝙞𝙡 𝙘𝙖𝙢𝙗𝙞𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤”.