Qualche anno dopo è a Kabul per l’ONU quando perde due colleghe in un attentato. A fine contratto, usa la sua indennità di missione e lancia Plain Ink, creando fumetti e storie su temi quali la salute pubblica, l’istruzione e la multiculturalità. Arriva il Premio Rolex , col quale ha modo di tornare a Kabul dove fonda The Qessa Academy una scuola per recuperare lo storytelling tradizionale da un lato, e formare giovani disoccupati dall’altro; le varrà, prima italiana, il Mother Theresa Award .
Non le basta. Lancia Spillover, videogiochi in forma di app per interessare i giovani alla scienza, trasformando in gioco alcune scoperte recenti. Quindi fonda Bibak (“senza paura”) con l’intento di costruire sensori antimina, bonificare i terreni e avviare microaziende agricole come modello sociale per la ricostruzione locale. Arriva poi Loudemy, piattaforma che contrasta tramite i chatbot l’hate speech sui social .
Selene Biffi in campo in Afghanistan
Famiglia di commercianti di articoli per la casa, i genitori di Selene sono più di quarant’anni che vanno in India, dove alla fine degli anni Novanta decidono di costruire un piccolo ospedale ed una scuola per i più poveri. Lo faranno vicino a Varanasi, la città sacra degli induisti, dove ogni fedele deve recarsi almeno una volta nella vita e immergersi nel Gange almeno cinque volte. Da allora non si sono più fermati e a costo di tanti sacrifici personali, lavorativi ed economici, cercano di garantire salute e istruzione gratuita per chi non ha davvero nulla. Questo non gli ha impedito di far studiare la figlia all’Università Bocconi, mentre Selene, classe 1982, ha fatto il resto vincendo borse di studio complete per diplomarsi all'INSEAD e ad Harvard e frequentare la Singularity University nel centro di ricerca della NASA in California.
Nel 2021 l’offensiva talebana contro il governo, getta l’Afghanistan in una delle peggiori crisi umanitarie ed economiche mai viste. Selene si rimbocca le maniche, occupandosi di evacuare i suoi ex-studenti e le loro famiglie facendole arrivare in Italia e allo stesso tempo di organizzare una rete informale di amici afghani per il supporto a vedove, orfani e persone con disabilità.
Quando le donne le chiedono aiuto per poter continuare a lavorare, Selene lancia il progetto She Works for Peace, per supportare chi non si arrende nelle aree di conflitto del mondo. Come Sima, che Selene con l'aiuto di imprese italiane amiche ha aiutato a riaprire il pastificio chiuso dai talebani e che oggi dà lavoro a 15 donne in un Afghanistan soffocato dal regime e con una malnutrizione infantile acuta, che è un'ipoteca sul futuro.
Non è mica finita. A Kabul crea Bale Khanom (“Pronto, Signora” in lingua Dari ), il progetto reso possibile dal Fondo di Beneficenza di Banca Intesa e rappresentato da un centralino che offre informazioni e supporto gratuito, manageriale e di incoraggiamento. In soli sei mesi Bale Khanom ha offerto aiuto a oltre 5.000 micro-imprese a gestione femminile, raggiungendo oltre 30.000 persone in tutte le 34 province afghane.
Un giorno racconto la storia di Selene su LinkedIn. Lei mi scrive poco tempo dopo: “Ciao Alessandro, volevo dirti che il tuo post mi ha portato fortuna e se tutto va bene parto con un nuovo progetto”. È la mostra fotografica Afghanistan: rose sotto le spine con le straordinarie foto di Oriane Zerah esposte all'aeroporto di Milano Linate e a quello di Malpensa. Per me un'emozione immensa aver potuto contribuire nel mio piccolo a sostenere una ragazza capace di illuminare con le sue iniziative anche il più buio degli angoli del mondo.
Come fa con Abzar (“attrezzi” in lingua Dari), il progetto sostenuto dai Rotary Club di Ferrara e dell’Area Estense, una “biblioteca degli attrezzi” dove le donne possono prendere in prestito macchinari, utensili e materiali di vario genere utili alla produzione su piccola scala, per poi restituirli come si farebbe con un libro. Sono oltre cento gli attrezzi disponibili, tra cui macchine da cucire, elettrodomestici per la produzione alimentare, utensili per la lavorazione del legno, dei gioielli e molto altro. Lanciata a Febbraio 2024, Azbar sta già supportando oltre 200 micro-imprese femminili.
Selene Biffi riceve a Eboli il Premio Solco Maggiore 2024 nella categoria Giusta Economia.
O ancora Green Rooms, l’ultimo progetto in ordine di tempo lanciato da Selene e finanziato dalla Fondazione Marcegaglia, in cui donne analfabete e in grave stato di indigenza imparano a costruire, gestire e utilizzare impianti di idroponica di vario tipo per coltivare frutta e verdura a livello domestico, migliorando così la sicurezza alimentare delle proprie famiglie. In una seconda fase, alla coltivazione idroponica si abbina poi la creazione di un’impresa sociale femminile per la vendita e la trasformazione delle eccedenze. Il progetto coinvolge nella prima fase 35 donne e le loro famiglie, impattando su quasi 300 persone.
Perché l’impresa di Selene Biffi è un’impresa culturale prima che sociale, tecnologica o economica. È l’impresa di chi cerca di far capire che le cose si possono fare anche in un altro modo, cambiando la prospettiva, smontando coi fatti e con la tecnologia conflitti e povertà. Perché anche il sociale, al pari di altri settori, può beneficiare di ricerca, sviluppo e innovazione per rispondere al meglio alle sfide dei nostri tempi.
Perché come dice Selene Biffi: "Per quanto sia alta una montagna, c’è sempre una strada per arrivare in cima".
La storia di Selene Biffi è una delle 30 storie di persone straordinarie che racconto nel mio ultimo libro ITALIA, CHE IMPRESA!
