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Le dinastie lasciamole ai Re

1945, fine dell’ultima guerra mondiale. Di plastica da recuperare dai materiali concessi agli italiani dal Piano Marshall - sottovesti e biancheria in acetato di cellulosa, lenti per occhiali militari in plastica e tanto altro - non ne manca e data la caratteristica che distingue i termoplastici dai termoindurenti (ovvero la loro riciclabilità e riutilizzo) il business della cernita e del recupero è lì, sotto gli occhi di tutti ed a volte anche sotto le macerie. 

È da due anni che ci pensa, Cosimo Conterno, commercialista milanese che a causa della guerra sceglie di sfollare nella più sicura Vedano Olona; abbastanza lontana dal capoluogo, ma sufficientemente vicina e dotata di stazione ferroviaria per raggiungere agevolmente la città. Saranno i consolidati rapporti coi clienti industriali dello Studio a fargli trasformare l’idea in impresa. Nasce nel 1945 la LATI Industria Termoplastici, che il Dr. Conterno - forte di una relazione privilegiata con Montedison - svilupperà fin da subito ai tassi di crescita del boom del secondo dopoguerra. La tradizione continua col primogenito, l’Ing. Giovanni, che rinnova la tecnologia produttiva dell’azienda. Sarà quindi il fratello, il Prof. Francesco, a trasformare l’azienda da realtà locale a internazionale, consegnando alle figlie Michela e Livia una realtà solida, matura e di respiro europeo. 

Core business è il compound termoplastico, un granulo trasformato, che fa “tutto il contrario di quello che farebbe la plastica”. Si tratta di un materiale che ha caratteristiche decisamente differenti da quelle della normale materia plastica; per fare solo alcuni esempi, è ignifugo, per garantire la massima sicurezza nel settore elettrico (soprattutto per la produzione di elettrodomestici di uso quotidiano), garantisce la massima dispersione di calore (utile nel settore illuminotecnico, in particolare per raffreddare i LED) ed è adatto nella produzione di plastiche lubrificate che sostituiscono i metalli per la produzione di ingranaggi.

Cattura-Jul-19-2023-10-58-18-5049-AMMateriale termoplastico a densità controllata per la produzione di masse inerziali, contrappesi e particolari per gioielleria, fashion e design.

Alcuni prodotti sviluppati e introdotti sul mercato segnano svolte e innovazioni importanti: i prodotti rinforzati ed i primi autoestinguenti negli anni 1960, i flame retardant (FR), per il settore elettrodomestico negli anni 1970 fino ai prodotti speciali e ad alte prestazioni degli anni 1980 per arrivare alla recente lavorazione di bio-polimeri e polimeri riciclati in un’ottica di economia circolare.

Mio nonno era un uomo d’affari, non un tecnico. Un uomo di relazioni, le più aperte e svariate possibili. Avrà 3 figli: Giovanni il primogenito, Francesco mio padre e Cristina, che per gli standard dell’epoca non verrà considerata (né si considererà lei stessa) come opzione della continuità dell’impresa di famiglia. Cristina si occuperà di assicurazioni, pur socia di rilievo dell’azienda col 40% delle quote che suo figlio Corrado si farà poi liquidare dallo zio Francesco. 

Troppo presto gravi problemi di salute costringeranno lo zio Giovanni a ritirarsi e chiameranno di fatto mio padre ad un avvicendamento che è anche l’unica alternativa della continuità in quel momento ed in quel contesto. Alla richiesta di liquidazione anche da parte dei figli di Giovanni, mio padre diventa unico azionista dell’impresa. Un tassello non indifferente nel mosaico del passaggio generazionale.

Michela non nasce da sola, ma accompagnata da Livia, sua sorella gemella, che il DNA imprenditoriale lo declinerà attraverso la passione per l’etologia, aprendo una scuola per cani e - fatto raro – anche per i loro padroni; un approccio olistico, quello di Livia, che vede nell’educazione non solo del cane, ma anche del suo padrone, la via per integrare al meglio le componenti cognitive ed emotive di entrambi e garantire così non solo la pienezza del rapporto animale-uomo, ma anche l’incolumità di entrambi, tema particolarmente sentito in ambiente urbano. Un’esperienza da imprenditrice di prima generazione che la avvicinerà poi nella maturità all’azienda di famiglia - di cui rappresenta la terza generazione - affiancando Michela nella governance dell’impresa con delega alle attività legate alla Responsabilità Sociale e che si tradurrà dal 2022 nella trasformazione dell'azienda in società Benefit.

michelaliviaMichela e Livia Conterno

Nel 2016 si conclude il secondo passaggio generazionale e Michela sale al vertice, varando un robusto piano di investimenti decennale per sostenere la continuità ed il successo di un’azienda che ha sempre sentito sua. 

Che mio padre si sia fatto un cruccio di non avere avuto figli maschi non posso dirlo. Se una traccia di questa velleità dinastica in linea maschile ci sia stata, l’ha saputa mantenere sottotraccia, nella misura in cui ha aperto le porte dell’azienda a mio cugino, che ha però preso altre strade facendosi liquidare. Per me e mia sorella il suo disegno della continuità è stato sempre chiaro, mai imposto e sempre accennato con tatto. 

Io gli studi di economia li farò alla Cattolica – non in Bocconi, né alla LIUC che la mia famiglia ha contribuito a fondare - sia per l’impostazione più classica dell’ateneo che per il fatto che noi abbiamo sempre vissuto a Milano e non abbiamo mai sentito l’azienda come una presenza ingombrante.

In azienda mio padre non mi ha mai fatto mancare la sua fiducia, ma non mi ha certo fatto sconti e la leadership me la sono dovuta sudare dal basso finché non ho dimostrato non solo capacità strategiche e manageriali, ma di saper declinare concretamente i valori in cui crediamo, coniugando le esigenze e mantenendo sempre alta l’attenzione verso tutti gli stakeholders, che è poi l’eredità morale di mio padre.

Un passaggio preparato per tempo all’insegna della formazione continua – una cifra ereditata dal ramo materno, zaratini dalmati di tradizione e passione culturale classica - e che porterà Michela a specializzarsi nella gestione, nello sviluppo e nel welfare delle persone e nei temi legati all’internazionalizzazione (forse anche questa sottotraccia già scritta nel DNA materno di frontalieri), quella scelta strategica che passa senza sconti dalla trans-nazionalizzazione della cultura aziendale di cui le persone sono portatrici e depositarie. 

Una sensibilità femminile, quella per le persone, che Michela professionalizza lavorando in una multinazionale della consulenza, prima di entrare in azienda e che le farà declinare il welfare come motore di miglioramento della performance. Orario flessibile, corsi di Yoga e Pilates e frutta distribuita gratuitamente sono solo alcune delle iniziative concrete messe in campo per fidelizzare ancora di più le persone, sviluppare spirito di gruppo e gestire lo stress in contesti competitivi e di cambiamento, e che hanno portato LATI alla certificazione Great Place to Work.

Altrettanto saggia sarà la declinazione dell’internazionalizzazione firmata da Michela, che dall’esperienza nella filiale francese di LATI si porterà a casa un approccio improntato all’ascolto - prima che ad un’enunciazione che una certa autoreferenzialità può far scivolare nella sordità ai bisogni del mercato – che mette l’accento su una intelligence di mercato ragionata (troppo spesso, ahimè sostituita dalla fregola della vendita). 
Sarà Michela quindi a far fare all’azienda il salto culturale verso le culture trans-continentali, quelle delle Americhe e dell’Asia, dove le differenze culturali possono essere veri e propri shocks. 

Ce l’ho fatta attingendo profondamente alla mia esperienza giovanile con Intercultura, l’organizzazione no-profit che promuove il dialogo e gli scambi scolastici internazionali, che mi ha insegnato ad apprezzare la diversità tra le persone, i popoli e le culture ed a farne un manifesto di inclusione invece che di sterili differenze e divergenze. È un approccio che mi ha permesso di inserirmi nel sentiero familiare di una internazionalizzazione mai inseguita per il minimo costo di merci e persone, ma per irrobustire le filiere transnazionali in cui siamo inseriti, bilanciando le esigenze di clienti e fornitori in nome della sostenibilità e dell’affidabilità prima che del prezzo. 

Abbiamo avuto la fortuna di poter contare sulla lungimiranza di mio padre che nella pianificazione della continuità ha saputo far convivere virtuosamente le anime delle due generazioni ai vertici aziendali: lui a presidio dei valori - non disdegnando a volte il saggio uso di un sano paternalismo - ed io ad aggiornare persone e organizzazione del business alle sfide del tempo che chiamiamo futuro, anche se è sempre più un domani quando non un oggi.

Un approccio partecipativo, aperto ad aiutare e a farsi aiutare senza vergogna, come Francesco Conterno ha fatto per un tema così delicato come il passaggio generazionale. Tanto che non sarà lui ad affiancare Michela nel percorso di boarding e sviluppo della professionalità aziendale. Lo farà un mentore, una persona del business, una persona non di famiglia, ma di fiducia, esperienza e col tatto necessario.

lati-spa-714033.610x431Michela col padre Francesco

Un approccio aperto all’evoluzione della leadership dal “non preoccupatevi, ci penso io” alla delega diffusa per portare la sostenibilità economico-sociale al centro di una visione comune: l’azienda come bene collettivo, al di là della proprietà personale e dei personalismi, dove lo zaino dei risultati, degli errori, dell’apprendimento e della responsabilità delle decisioni lo portiamo tutti insieme. Dall' "io" al "noi".

Da quando ho assunto le responsabilità di vertice nel 2016 mio padre non ha mai smesso di sentirsi intimamente connesso all’azienda e di interpretare il ruolo di Presidente dei valori e della continuità, ma ha saputo allo stesso tempo disegnare un personalissimo percorso di affrancamento, che il COVID non ha fatto che accelerare, sancendo la sua definitiva uscita dalla gestione dell’impresa. Proprio le difficoltà e le incertezze della pandemia che ho messo nel mio zaino, togliendole dal suo, hanno rappresentato la svolta di un uomo che per la prima volta ha sentito la leggerezza della delega. In questo, le crisi sono opportunità irripetibili. 

Michela raccoglie il testimone di un'impresa che ha superato la crisi del 2008 e che Francesco Conterno ha stabilizzato oltre le secche finanziarie e di mercato, e indirizza l’impresa verso la massimizzazione della redditività, non come fine ma come strumento e palestra di responsabilità: economica, sociale, personale ed in capo ad ogni stakeholder. Lo fa declinando simultaneamente i verbi del presente e del futuro in quella che è diventata un’identità, cucita sulla propria misura e generazione: welfare e organizzazione, internazionalizzazione, riposizionamento strategico e digitalizzazione.

Ben più interrogativo sarà il terzo passaggio generazionale, dato che le gemelle non hanno figli. Hanno però un mindset allenato ai modelli partecipativi nel management e nella governance e sono già pronte ad aprire il capitale, ove necessario, purché la partecipazione sia paziente.

La mancanza di eredi “dinastici” ha certamente facilitato un’armonia di intenti sulla definizione di quello che vorremo essere il futuro dell’azienda. Che per noi poggia sulla continua ricerca dell’eccellenza industriale, sul posizionamento strategico agile, sempre aggiornato e distintivo e soprattutto sulla continuità del ruolo sociale di impresa, che significa sentire sempre vivo il dovere di rispondere a tutti gli stakeholders che nell’impresa hanno proiettato speranze, aspettative, valore e valori. 

Management e governance sono aperti da tempo a professionalità non familiari che rispondono ad un criterio di equilibrio tra responsabilità e qualità del contributo, non solo in termini di risultati, ma di arricchimento della nostra cultura e del nostro stesso DNA. Secondo lo stesso criterio siamo aperti a capitale paziente, che sposi e sostenga investimenti che nella nostra cifra hanno orizzonti pluriennali, anche a doppia cifra. 

La stessa pazienza che ho maturato negli anni e che vorrei fosse la mia guida nel lungo termine: maturare il rispetto per lo status quo di qualsiasi situazione mi si pari davanti, prima di affrontare il cambiamento. Il problema della continuità non è avere le persone migliori in un determinato momento, ma la vitalità per rigenerarsi nel fisico, nell’intelletto o nelle emozioni dopo ogni performance impegnativa, guardando alla successiva. E questo lo fai soprattutto circondandoti di persone aperte e curiose e prendendoti cura di loro.

Ha detto Sun Tzu: “Ogni battaglia è vinta, prima di essere combattuta”. 

 

[Dall'intervista che ho avuto l'onore di fare a Michela Conterno, per il libro CONTINUARE INSIEME. Il Family Business oltre il passaggio generazionale (Guerini, 2021) che trovi nella sezione LIBRI di questo sito.]