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11 min

Re Giorgio

Maria Raimondi è ragazzina quando sua madre muore di Spagnola e lei deve rimboccarsi le maniche per aiutare ben 11 fratelli. La vita però la sorprende facendole sposare un ex-calciatore del Piacenza e regalandole una vita borghese tra la provincia emiliana e la Milano del dopoguerra.

Dei loro tre figli - Sergio Giorgio e Rosanna, l’adolescenza vissuta tra i bombardamenti e le corse nei bunkers - il secondo, Giorgio, a 9 anni trova, insieme agli amici, della polvere da sparo. Gli esplode in faccia, la sua vista è appesa a un filo, ma sua madre non dubita che ce la farà. Da lei ha preso la fibra forte. Giorgio si rimette in piedi e di lì a qualche anno la famiglia si trasferisce a Milano.

Prova Medicina, ma non fa per lui. A salvarlo arriva il telegramma per il servizio di leva che gli permette di imboscarsi all’ospedale militare di Verona e di chiedersi cosa davvero vuole fare da grande. Le risposte non arrivano subito, finché non è assunto come vetrinista alla Rinascente. È il suo primo palcoscenico, i clienti come spettatori che gli fanno rivivere l’adolescenza nei cinema di provincia, dove i film americani segnano il suo talento figurativo che sarà fatto di luci e ombre dove mettere in scena la sua idea di stile per il pubblico che passeggia al di là della vetrina.

Sono le immagini che legge più dei libri e che svelano all'alba dei 30 anni una vocazione trasformata in realtà da due persone che gli hanno cambiato la vita: Nino Cerruti, il primo mentore grazie al quale costruirà la sua visione del completo maschile destrutturato (cioè senza fodere e imbottiture) e Sergio Galeotti che diventerà suo compagno e socio e che gli farà agguantare il successo a quasi 50 anni, consacrato dal film American Gigolò e dalla copertina del Time del 1982. Sette anni dopo aver fondato l’azienda che porta il suo nome. Un anno dopo aver lanciato la moda democratica targata Emporio Armani, il simbolo dell’aquilotto nato all’improvviso, disegnando due ali mentre è al telefono.

Un successo che non gli sfuggirà più, facendone un’icona di stile e sobrietà, la penombra studiata come la luce di un palcoscenico quando sfila o riceve ospiti.

A 80 anni arriva il Compasso d’Oro alla carriera, il più antico riconoscimento d’Europa nel settore del design[1], per “aver rivoluzionato il mondo del prêt-à-porter con la creazione di prodotti di più diffuso consumo e semplice utilizzo che hanno influenzato il processo dell’intera filiera e contribuito alla diffusione dell’immagine del Made in Italy nel mondo”.

A 84 anni sarà ancora lui in persona ad aggiustare gli abiti sui manichini delle vetrine di via Sant’Andrea. Questa volta però gli abiti e il negozio sono i suoi.

A 86 anni sarà il primo imprenditore a mettere mano al portafoglio per donare camici, mascherine e aiuti allo scoppio della pandemia.

A 87 è nominato dal Presidente Mattarella Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, il primo tra gli ordini nazionali destinato a “ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, della economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte a fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari”.

Alla Fashion Week di Febbraio 2022 farà sfilare la sua collezione nel silenzio più assoluto, rotto solo dai tacchi sulla passerella, per solidarietà all’Ucraina appena invasa.

A 88 anni la Collezione Numismatica della Repubblica "Eccellenze Italiane", che ogni anno celebra eventi e icone che fanno grande il Made in Italy, gli tributerà 5 monete d'oro e d'argento.

Parliamo di un uomo che in tutti i locali in cui entrava si metteva in fila come gli altri, aspettando il proprio turno.

Un uomo che non rifiutava mai un selfie ed era sempre il primo a salutare i tanti sconosciuti che lo riconoscevano per strada.

Un uomo che non ha mai lesinato per le iniziative benefiche. Tra le tante l’iniziativa Acqua for Life, in collaborazione con Green Cross International e UNICEF per garantire l’accesso universale all’acqua potabile in zone affette da scarsità idrica. O ancora la collaborazione con la Haitian Relief Organization insieme a Sean Penn per la popolazione di Haiti colpita dal terremoto.

Nel 2016 nasce la Fondazione Giorgio Armani con il compito di salvaguardare e tramandare i valori e i principi del Gruppo Armani, con progetti di utilità pubblica e sociale particolarmente attenti alla cultura e al supporto delle giovani generazioni. Le parole che Re Giorgio affiderà ad una nota diffusa dal Gruppo suonano come un testamento morale e allo stesso tempo un inno alla migliore visione della continuità di impresa di un uomo che non ha eredi diretti e la cui successione è definita in uno statuto che entrerà in vigore alla sua morte: “Ho deciso di creare la Fondazione Giorgio Armani per realizzare progetti di utilità pubblica e sociale. Contestualmente la Fondazione assicurerà nel tempo che gli assetti di governo del Gruppo Armani si mantengano stabili, rispettosi e coerenti con alcuni principi che mi stanno particolarmente a cuore e che da sempre ispirano la mia attività di designer ed imprenditore. Questi principi fondanti sono basati su: autonomia e indipendenza, un approccio etico alla gestione con integrità e correttezza, un’attenzione all’innovazione e all’eccellenza, priorità assoluta allo sviluppo continuo del marchio Armani sostenuto da adeguati investimenti, una gestione finanziaria prudente ed equilibrata, un limitato ricorso all’indebitamento e un cauto approccio alle acquisizioni. Con questa scelta all'insegna della continuità, garantita dalla Fondazione e dai miei eredi, voglio innanzitutto rassicurare tutte le persone del Gruppo Armani che lavorano con lealtà e passione confidando sempre nella mia persona ed al contempo tutti coloro che hanno contribuito al pluriennale successo dell'azienda e per i quali avrò sempre una sincera gratitudine".[2]

Ha detto Giorgio Armani: "Il successo è fatto di stile e sobrietà. L’importante è non farsi notare, ma ricordare.

 

[1] Nato da un'idea di Gio Ponti nel 1954, il Compasso d’Oro fu per anni organizzato dai grandi magazzini la Rinascente, allo scopo di mettere in evidenza il valore e la qualità dei prodotti del design italiano, allora ai suoi albori. Fu quindi donato all’ADI (l’Associazione per il Disegno Industriale che riunisce dal 1956 progettisti, imprese, ricercatori, insegnanti, critici e giornalisti intorno ai temi del design) che dal 1958 ne cura l’organizzazione, vigilando sulla sua imparzialità e sulla sua integrità.

[2] Tutta l’attività di responsabilità sociale di Armani è aggiornata nel sito dedicato https://armanivalues.com/it/. Nella sezione Media si trova anche la nota citata.

La storia di Giorgio Armani è la prima delle 30 storie di persone straordinarie che racconto nel mio ultimo libro ITALIA, CHE IMPRESA!

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