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Il pranzo di lusso della domenica

Perde il papà, un commerciante di granaglie, a 10 anni e a 11 lascia la scuola, complici i tempi di guerra che segnano la sua infanzia.

Ultimo di 6 fratelli deve rimboccarsi le maniche e lo fa nel panificio di famiglia, nella bassa veronese in quel di San Giovanni Lupatoto. Si alza a mezzanotte e lavora 12 ore al giorno nel panificio dei suoi due fratelli. Quasi quasi ritornerebbe a scuola ma sua madre gli dice di tener duro.

Giovanni si appassiona, il pane lo fa e anche lo consegna in bici a clienti e alimentari. Occhio svelto per necessità, alla bottega dell’Onesta Ciucelli lo colpiscono le signore che comprano i tortellini, cibo di lusso per i pranzi della domenica. Un lusso per pochi, ma Giovanni capisce prima di tutti che col boom del dopoguerra quel lusso diventerà presto per tanti.

Il forno di famiglia va bene, ma non basta più per sfamare tutti. Resta a Beppino. Francesco apre una pasticceria. Giovanni si rende conto prima di tutti che col boom economico le donne non avranno più tempo per fare la pasta in casa. Lo prendono tutti per matto tranne la fidanzata Maria Laura ed il futuro suocero che ci credono a quel ragazzo di 25 anni che vuole prendere il mondo per le corna. Lui gli mette a disposizione un locale dove con Laura che è diventata sua moglie e qualche anziana del paese (che paga in tortellini) Giovanni apre un laboratorio. I tortellini li vende porta a porta su un Guzzino comprato da un pensionato. È il 1962.

Quando un amico falegname gli costruisce un essicatoio, Giovanni avvia la produzione industriale. Vive sopra l’azienda, dorme col bloc notes sul comodino per annotare le modifiche alle impastatrici per aumentare la produttività.

Quando il successo inizia a dargli ragione si fanno avanti nientemeno che Barilla, Star e Kraft. Giovanni dice no, ma capisce che per andare avanti quelle multinazionali le deve domare. Nascono così le geniali pubblicità che lo vedono protagonista in dialoghi virtuali con icone come Marilyn o Rita Hayworth (alla cui figlia donerà 200 milioni di Lire per la ricerca sull’Alzheimer che aveva colpito l’attrice).

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Col fatturato che vola, vola però via anche il suo matrimonio lungo 30 anni. Quando si separa, Giovanni chiama suo figlio Gian Luca: “Se non mi stai vicino, mollo tutto”. Molla tutto Gian Luca. La sua università diventa l’azienda. 30 anni e una pandemia dopo, il Pastificio Giovanni Rana vola oltre il miliardo € di fatturato con 50 tipi di pasta fresca, i surgelati, i sughi, i piatti pronti, i ristoranti.

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In pieno Covid i dipendenti si sono ritrovati lo stipendio aumentato del 25%, una polizza assicurativa in caso di contagio e per le mamme la babysitter pagata. Per non parlare dei 400.000 € di aiuto concreto alla sanità veneta per comprare apparecchiature per la ventilazione assistita e delle decine di tonnellate di derrate alimentari donate a numerose comunità di assistenza per potenziare l’aiuto alle categorie disagiate.

E ancora il progetto di educazione alimentare per spiegare ai bambini come vengono prodotti i cibi attraverso giochi didattici e donando per ogni bambino che partecipa un piatto di pasta alle persone più bisognose attraverso il Banco Alimentare.

La lezione di Giovanni Rana è quella di ascoltare tutti perché tutti sono la tua impresa. Ha detto Andrew Carnegie: “Portatemi via la mia gente e lasciatemi le aziende vuote e presto l'erba crescerà sul pavimento dei reparti. Portatemi via le aziende e lasciatemi le persone con cui lavoro e presto avrò aziende migliori di prima.”

[Photo credits: https://www.giovannirana.it/ e https://www.gianlucarana.com/]