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Guy Laliberté, di cognome e di fatto

Se c’è un personaggio contemporaneo che ha reso onore al proprio cognome, questo è certamente Guy Laliberté che nel francese canadese di Quebec, la sua città di nascita, significa appunto la libertà.

Se per libertà intendiamo creatività e rischio, ovvero genio e impresa, è lo stesso Guy a dirsi baciato dalla fortuna per avere ereditato dai genitori – la mamma molto creativa al limite dell’eccentrico ed il papà un faccendiere e maestro delle pubbliche relazioni, - un DNA che ha mescolato in ugual misura arte e finanza. Non si spiega diversamente come dagli esordi da mangiatore di fuoco, giocoliere e fisarmonicista di strada sia entrato stabilmente nella classifica dei 500 uomini più ricchi del mondo.  

La svolta arriva a 23 anni, quando la compagnia circense nella quale è entrato nel frattempo, ottiene una sovvenzione di 1 milione di dollari dal governo del Quebec per produrre uno spettacolo itinerante per il 450° anniversario della scoperta del Canada. Nasce così l’idea di uno spettacolo diverso da tutto quanto visto fino ad allora, dove acrobati, mimi e giocolieri diano vita ad esibizioni originalissime intorno ad un canovaccio centrale, al suono di una colonna sonora prodotta in esclusiva per lo spettacolo ed eseguita rigorosamente dal vivo.

La formula – basata sull'idea di evento inteso come esperienza sensazionale e sulla scelta di locations prestigiose - funziona subito, ma Guy capisce che manca ancora un ingrediente per consegnarla al successo planetario: la presenza di celebrities tra il pubblico, un’attrazione nell'attrazione, per le quali spenderà cifre milionarie destinate ad essere ampiamente ripagate. La sua formula verrà studiata nientemeno che da W. Chan Kim e Renée Mauborgne nel blockbuster da 4 milioni di copie Strategia Oceano Blu dove l’originalità della creazione di Guy Laliberté viene fatta risalire all'intuizione di considerare tutte le forme di entertainement, e non solo la piccola fetta degli spettacoli circensi, come il concorrente da battere. A trent'anni dalla sua fondazione il Cirque du Soleil ha potuto dire di avere toccato 300 tra le più grandi metropoli al mondo e di avere fatto pagare un biglietto ad oltre 150 milioni di spettatori, consacrandosi come uno dei più grandi successi dell’entertainment globale.

Un successo che nel 2009 ha permesso a Guy di festeggiare il suo 50° compleanno in orbita per 39 giorni su di uno space shuttle arredato appositamente dalla catena Hilton, staccando un assegno da 35 milioni di dollari.

Ma il trentennale del Cirque du Soleil scoccato nel 2014 è anche l’inizio di una fine che si consumerà in due tappe. La prima è la vendita ad una cordata di società cinesi ed americane guidata dal fondo di private equity TPG Capital, che mostrerà troppo tardi come la creatività di Guy Laliberté non fosse stata codificata e capitalizzata in azienda e fosse quindi svanita nel nulla con la profumata uscita del fondatore (oltre 1,5 miliardi di $). La seconda è il recente Coronavirus, di cui il circo rischia di essere tra le vittime eccellenti dello show-business: 44 spettacoli cancellati, il 95% dei dipendenti licenziati (4.600 persone) ed un debito monstre da 900 milioni di dollari (di cui la maggior parte è frutto dell’operazione di leveraged buy-out per l’acquisto da parte del fondo), che si traducono in pagamenti in scadenza per 165 milioni di dollari fra rate del debito e biglietti da rimborsare. A dimostrazione che neanche un fenomeno studiato in tutti i corsi di imprenditorialità e management del mondo è immune all'ignoranza della distribuzione del rischio, che inibisce quelle contromosse di diversificazione che chiamiamo resilienza.

L’exit miliardaria ha invece dato a Guy Laliberté nuova vita e forse una certa maturità, al di là di presunti scandali e perdite milionarie ai tavoli da poker: una nuova impresa (Lune Rouge Entertainment, che organizza spettacoli ad alta tecnologia utilizzando solo laser, luci e proiettori all'interno di piramidi giganti), un Family Office che investe in startup ed opere d’arte (oltre a gestire il suo ricco patrimonio immobiliare) e  One Drop Foundation, una società senza scopo di lucro che ha migliorato finora le condizioni di vita di 1,6 milioni di persone in tutto il mondo dando loro accesso all'acqua pulita.

 


 

Sono Alessandro Scaglione e dopo 20 anni di esperienza da insider operativo in diverse imprese familiari, ho sviluppato un approccio unico al Family Business, che passa dalla consapevolezza del rischio imprenditoriale e da modelli parlanti a tutto l'ecosistema nel quale l'impresa è inserita. Per consegnare al tempo e a tutti gli stakeholders l'impresa più forte di prima. Se vuoi scambiare con me qualche riflessione sul breve o medio-lungo periodo in termini di riconfigurazione di mercato, internazionalizzazione, modello di business , continuità di impresa o passaggio generazionale, decidi QUI quando sentirci.