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Comodi fino a quando?

Non siamo abituati a vedere le cose da prospettive originali e diverse da quelle della comodità, finché non è la comodità stessa ad essere messa a repentaglio.

E’ in quei momenti che ci rendiamo conto che nella sala di comando del nostro io è rimasto da troppo tempo solo il nostro scanzonato io "bambino", incapace di misurare i pericoli e vorace consumatore di comodità.

La nostra dimensione adulta si deve essere persa da qualche altra parte o essersi attardata in altre occupazioni, finché il suono lancinante della sirena non squarcia timpani e illusione, talmente forte da farci dubitare se siamo ancora in tempo per contenere quel conto che si annuncia esorbitante.

E pensare che l'etimologia di comodo ci riporta alla "adeguatezza ad una misura", "convenevole, "adatto" e quindi utile!

Possibile che diecimila anni di evoluzione, che ci hanno portato in cima alla catena alimentare, non abbiano prodotto esseri meno fallaci di testa e di pancia nel gestire l’altro lato del potere creativo che ci contraddistingue, ovvero quello distruttivo?

Ce lo possiamo chiedere – senza bisogno di scomodare Greta - guardando allo scempio che abbiamo perpetrato ai danni del pianeta.

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Ce lo possiamo chiedere – nella dimensione a me cara del family business – guardando all'esercito di imprenditori che nel 2020 sono entrati nel 60° (un quarto degli imprenditori) e 70° anno di età (un altro quarto degli imprenditori italiani), la stragrande maggioranza di loro senza un testamento, senza un piano di successione, senza un progetto di trasmissione di impresa.

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Allora mi chiedo cosa altro deve succedere perché impariamo in maniera indelebile e sempre presente che quando agiamo in maniera impattante, le nostre azioni sono prese in prestito dalla generazione che verrà?

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